Visto che ho intervistato Dario Hübner nei giorni scorsi, per parlare del suo libro con Raisport, oggi scrivo qualche riga per recensire il volume della Baldini+CastoldiMi chiamavano Tatanka”, scritto con Tiziano Marino. E lo faccio ancora più volentieri perché il libro è interessante e perché oggi è il 53mo compleanno di Dario.

Mi è capitata la fortuna di vederlo giocare, dal vivo, due volte: una con mio padre che mi portò a vedere un match del Piacenza in Serie A, nell’anno in cui Hübner – in coabitazione con Trezeguet- divenne capocannoniere della massima serie, dopo esserlo stato in C e in B. La volta successiva ero invece a bordocampo in un Atalanta-Brescia, con problemi di ordine pubblico all’esterno. Dario nel tunnel che portava al campo spense, con lo scarpino, l’ultima sigaretta prima di entrare e poi corse e lottò per tutta la gara.

Il volume è interessante perché racconta soprattutto la vita di questo calciatore prima che, un po’ in là con gli anni, diventasse famoso. L’esordio in Serie A è arrivato solo a trent’anni, col Brescia, con cui ha segnato anche la prima rete alla sua squadra del cuore, l’Inter. Hübner parla della sua vita da operaio fino al vent’anni, quando gli allenamenti erano due a settimana, finito il lavoro. E avendo giocato al fianco e contro parecchi veri campioni ha maturato tante esperienze, ma ha vissuto tutto con coraggio: “Uno che batte il rigore ha solo da perderci. Perché se lo segna ha fatto solo il suo dovere, se invece sbaglia ha commesso un errore clamoroso”. Hübner era ovviamente il rigorista della squadra.

Ha avuto il rimpianto di non avere mai avuto convocazione in Azzurro, ma non quella di aver giocato in una big (malgrado un tour in USA col Milan). Ora che ha appeso gli scarpini al chiodo rimane in campo ad allenare ragazzi con disabilità per l’onlus Verso dell’Accademia Lori. E dall’alto della sua esperienza analizza le differenza tra oggi e ieri: “Una volta eravamo undici operai che lavoravano compatti per l’industria squadra. Oggi mi sembra di vedere undici industrie senza operai”.

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Dario Hübner (con Tiziano Marino)

Mi chiamavano Tatanka

Baldini+Castoldi

Milano, 2020

Pagg.198

Euro 17