Di Alessandro Robecchi e della sua vena noir non mi perdo neanche un libro (anche se da saggista era davvero niente male: ogni volta che sento qualcuno dire “Sono sereno” ripenso al suo Piovono pietre, figlio di una sua fortunata trasmissione su Radio popolare). Questo Follia maggiore è l’ennesimo giallo che vede protagonista Carlo Monterossi, ormai ex autore televisivo, sempre – involontariamente – al centro di gialli ambientati a Milano. Una città che Robecchi descrive più grigia del solito, battuta da una incessante pioggia (alla Blade Runner: «Piove ancora, pioverà per sempre, vivremo le nostre vite e ci chiameranno all’ultimo appello a rendere conto di tutte le cazzate che abbiamo fatto, e starà ancora piovendo, e questo a Milano si chiama novembre»). È una storia dolce e amara quella descritta in Follia maggiore: una vicenda d’amore del passato che torna alla ribalta per un omicidio, che porta con sé tanti rimpianti. E come nel Gioco degli specchi camilleriano non sempre i colpevoli sono quelli che sembrano. C’è anche la musica, come in tutti i gialli di Robecchi: ma questa volta non solo Dylan ma anche musica operistica. Una apprezzabile novità.
E poi c’è il solito modo invidiabile di scrivere, di descrivere, di raccontare. Come sempre, ho preso decine di appunti. Ma ve ne regalo solo due.
Sulla tuttofare di Monterossi, la mitica Katrina, adoratrice della Madonna di Medjugorje: «Il sistema etico-oscillatorio di Katrina -una moldava alta come una betulla è un po’ più dura- non è di facile decrittazione. In questo momento gioca a fare il pendolo tra il suo tradizionale “Signor Carlo deve trovare brava ragazza” e l’altro estremo: “Signorine di oggi deve imparare a tenere mutande addosso”. Come faccia Carlo a trovare una brava ragazza se quella tiene le mutande addosso non si sa, ma Katrina non ammette troppo distinguo e soleva con due dita, per una spallina, come se scottasse, un reggiseno blu che ha trovato in bagno».
Su Ghezzi, poliziotto vecchio stampo, qui a colloquio con la moglie: «”Rosa, io ce l’ho un paio di scarpe vecchie?”. “Tu hai solo scarpe vecchie, Tarcisio…vai in giro vestito come un barbone, se non te le compro io le cose da mettere…”. Se foste in cucina con lui a bere il primo caffè della giornata, con ancora i pantaloni del pigiama e la canottiera, vedreste il sovrintendente Tarcisio Ghezzi alzare gli occhi al cielo. Ma siccome non ci siete, fidatevi, alza proprio gli occhi al cielo».
Insomma, avete capito lo stile, ironico e che fa pensare.
Un altro libro da leggere, prima che tornino a piovere pietre.
Ad maiora
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Alessandro Robecchi
Follia maggiore
Sellerio
Palermo, 2018
Pagg. 290
Euro 15