Quella musica gli aveva fatto capire che cos’è il tempo.Il tempo è lo spazio trasparente in cui gli uomini nascono, si muovono e scompaiono senza lasciare traccia… Nel tempo nascono e scompaiono anche le grandi città. Il tempo le crea e il tempo le distrugge. 

La sua , invece, era una concezione del tempo diversa, particolare. Quella che fa dire: “Ai miei tempi… Non è il nostro tempo, questo…”.

Il tempo confluisce nell’uomo e nel suo regno, vi si annida e poi passa, si dilegua, ma l’uomo è il regno restano… Il regno c’è ancora, il suo tempo è svanito. Ma dove? C’è un uomo che respira, che pensa e piange, ma il suo tempo, quel tempo che apparteneva solo a lui se n’è andato, è volato via, scivolato via. Mentre l’uomo resta.

Non c’è niente di peggio dell’essere figliastri del proprio tempo. Non c’è sorte peggiore di chi vive un tempo non suo. Li riconosci subito: negli uffici del personale, nei comitati di partito, nelle sezioni politiche dell’esercito, nelle redazioni dei giornali, per strada… Il tempo ama soltanto chi ha generato, ama i propri figli, i propri eroi, i propri operai. Mai potrà amare i figli del passato, così come le donne non amano gli eroi di tempi ormai andati e le matrigne non amano i figli altrui.

Così è il tempo: tutto passa, lui resta. Tutto resta, il tempo passa. E come è lieve, silenzioso nel fluire. Ieri eri ancora sicuro, allegro, forte, figlio del tempo. Oggi un altro tempo è arrivato, ma tu non lo sai ancora.

Vasilij Grossman, Vita e destino, Adelphi