Se andate in Corea del Sud non perdetevi una gita alla DMZ, ossia la Zona Demilitarizzata che, dalla fine della guerra (1953), divide le due Coree.
Da Seul si parte in pullman per osservare il fronte sud di questo muro lungo 241 chilometri che corre lungo il 38º parallelo. La guida, bravissima, che ci accompagna ha avuto famigliari prigionieri del Giappone (paese che non ha mai chiesto scusa per lo schiavismo, per lo più femminile, quindi sessuale. durante l’occupazione militare) e quindi è molto critica verso la dittatura nordcoreana e sulla democrazia giapponese.
La prima tappa di questa “gita nella storia” è al Parco Imjingak dove vengono commemorate le vittime di guerra. A piedi si arriva al Ponte della libertà, forse uno dei momenti più toccanti della visita.
Qui si percepisce proprio il dolore della separazione. Qui la cortina di bambù non è solo un nome ma una realtà.
In questa DMZ peraltro i coreani non possono venire in visita e il percorso del pullman è super blindato e viene fermato a numerosi posti di blocco per superare il fiume Imjin e arrivare nella terra di nessuno. Si arriva quindi alla linea del fronte dove vi fanno visitare il terzo tunnel di infiltrazione, uno dei tanti scavati dal regime nord-coreano per invadere la Repubblica di Corea.
Il tunnel è molto basso e quindi vi forniscono di caschetti, sistemati – con precisione coreana – all’ingresso.
La zona intorno al tunnel è completamente minata.
Il culmine della visita è dall’osservatorio Dora dal quale si può guardare, in lontananza, la cittadina nord-coreana di Kijongdong e l’altissima bandiera che il dittatore di Pyongyang ha fatto issare.
Alla fine si spera che una risata li seppellirà. La stessa che fa un sorridente Budda, circondato, suo malgrado, dal filo spinato.
Ad maiora