“I media non commentano più la guerra, sono parte integrante di essa”. È un passaggio del discorso di presentazione della tesi di laurea di Sanela Bajric (Università degli studi di Milano, Facoltà di Lettere e filosofia, corso di laurea in Teorie e metodi per la comunicazione, correlatore il mitico Piretto) discussa oggi e dedicata al ruolo dei mezzi di comunicazione di massa nelle recenti guerre balcaniche. Parole che mi hanno richiamato alla mente quelle della scrittrice e attivista per i diritti civili indiana Arundhati Roy: “È sbagliato pensare che i mass media controllati dalle corporation supportino il progetto neoliberista. Non lo fanno. Essi sono il progetto neoliberista”.
La tesi della Bajric già dal titolo svela i suoi obiettivi: “L’informazione va in guerra. Il ruolo della TV nazionale croata Hrt nel conflitto balcanico”. È un’analisi seria e a tratti spietata su come molti giornalisti abbiano indossato gli elmetti durante la guerra non per proteggere le loro teste, ma per porre il proprio mestiere a favore dell’esercito, della nazione, anzi della madre patria.
Il ruolo del nazionalismo croato, uguale e contrario a quello serbo, emerge più volte all’interno del lavoro. Sia per lo sforzo congiunto di politici, intellettuali e giornalisti di croatizzare la lingua. Sia per quei commentatori tv che nel corso del conflitto hanno piegato, nei loro racconti, la realtà, trasformata a suon di falsità. Finendo anche per indicare quali sono i nemici, veri o supposti, della porta accanto. Disegnando di fatto dei mirini per i fanatici.
Ancora oggi, alcuni protagonisti dell’hate speech hanno un ruolo nell’informazione croata e addirittura insegnano giornalismo.
Parlare di neutralità della professione è forse un semplice esercizio di stile.
Ma questa interessante tesi spiega quali rischi si corrano se non ci si rende conto del potere dei mass media.
Ad maiora
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