baracche a MilanoRicevo e volentieri vi giro questo appello lanciato da Flaviana Robbiati.

Ad maiora.

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La temperatura in questi giorni gira intorno allo zero. Neve, freddo, nebbia.

Mi telefona Florina e mi chiede un paio di scarpe n° 36, le sue si sono bagnate con la neve e non si sono più asciugate, a “temperatura ambiente” non è possibile.  Da una settimana non va a scuola perché non ha le scarpe. Vive con i genitori nello scheletro di una fabbrica non terminata.

Ho della frutta e qualche panettone, vado a trovare Luminita e i suoi figli. Mi offre un caffè, entro nella baracca rischiarata dall’alcool che brucia in una lattina scoperchiata di aranciata; il sistema di sicurezza è la pentola dentro cui la lattina è posta. Albert, sette anni toglie il quaderno dallo zaino per farmelo vedere; tratti incerti, un po’ troppo per un bambino che fa la seconda, ma gli brillano gli occhi quando parla dei compagni e della sua maestra. Entra anche Monica, che ha iniziato l’asilo quest’anno.

Chi sono questi bambini che vivono in baracca, senza luce, senza riscaldamento, senza acqua e spesso con poco cibo? In quale città siamo?

Siamo a Milano, periferia est, ma qualunque altra periferia andrebbe benissimo perché i luoghi disprezzati diventano casa per tanti bambini, per i loro papà e per le loro mamme, che non hanno altra possibilità se non quella di “occupare abusivamente” ciò da cui chiunque di noi si tiene assolutamente lontano.

Sono i miei amici rom che ci abitano. Anche per loro il freddo, la fame, la mancanza di elementi primari sono duri e brutti. Non vivono lì perché è la loro indole, vivono lì perché la loro povertà non consente altro. Unica speranza è che le forze dell’ordine non distruggano anche la poca protezione che una baracca può offrire.

Incontro questi bambini e i loro genitori a scuola, li incontro andando a trovarli, accompagnandoli a fare le vaccinazioni, ascoltando le loro storie e i loro sogni, che sono quelli di tutti noi.

Cara Florina, le scarpe ora non le ho, ciò che arriva riparte subito, ma te le cerco in fretta.

Di bambini come lei e Albert, Monica, ce ne sono tanti a Milano, arrivano a scuola con tanta fatica addosso, con tante difficoltà, ma anche con tanta voglia di farcela, e i loro genitori fanno il possibile per fare sì che la storia bella della scuola continui, e che i loro figli siano come gli altri bambini.

Storie che vanno sostenute innanzitutto guardando questi bambini con occhi diversi e apprezzando la loro fatica. Storie che, se accompagnate, rendono Milano una città più giusta e aprono strade di cittadinanza a bambini altrimenti destinati all’esclusione.

Chi volesse aiutare i bambini delle baraccopoli milanesi, può scrivere a santegidio.rubattino@gmail.com