Il detenuto politico più famoso di Russia. La dimostrazione plastica che quella putiniana è un vero regime dove finisce in prigione non il ricco in quanto tale. Ma il ricco che non piega la testa davanti al potere. Quello che osa contraddire il piccolo zar in pubblico e osa finanziare i partiti d’opposizione (liberali, ma soprattutto comunisti).
I motivi per cui Mikhail Khodorkovskij ha scritto “La mia lotta per la libertà” (Marsilio) è perché quella libertà l’ha persa nel 2003 e la riacquisterà solo una volta che Putin e la sua banda (da Medvedev – che pure, appena diventato presidente, sembra convincere l’autore, vittima di Sindrome di Stoccolma – in giù) avrà perso il potere. I due processi che gli si sono stati intentati non hanno infatti alcuna base giuridica (con reati postdatati come assegni tarocchi).
Dalla istruttiva lettura del libro (composto da articoli, interviste e ottimi confronti a distanza con intellettuali russi) si evince che la cattività ha ulteriormente (e ghandianamente) rinforzato l’ex uomo più ricco della Russia. Motivo per il quale, temo, il regime lo farà sicuramente marcire in cella: “Cinque (ora nove, Ndr) anni di prigione equivalgono ugualmente a trasferimenti continui, infinite limitazioni. Non riesci a portarti dietro molte cose. Dispiace abbandonare i libri accumulati, perdere i propri appunti. Ma essi sono con me, nella mia testa. Tutto il resto non conta. In questo senso la prigione rende un uomo libero”.
Khodorkovskij non se la prende più di tanto per essere diventato molto più povero che nel recente passato. Ma perché la Russia di Putin ha fatto a pezzi una realtà economica super attiva come Yukos (alla cui spartizione – ma sul libro non se ne trova traccia – hanno partecipato anche – ai tempi prodiani – ENI ed Enel), capace di dare lavoro a migliaia di persone e versare milioni di rubli al fisco moscovita: “Il caso Yukos non è un conflitto fra lo stato e il business, bensì un attacco motivato da un punto di vista politico e commerciale di un business (i cui rappresentanti sono i burocrati) contro l’altro”.
E l’imprenditore fa una previsione che ricorda la “rivoluzione bianca”: “Ben presto, l’unica controparte di questa polizia famelica e ingorda sarà una folla inferocita che si riverserà in strada gridando: Avete promesso panem et circenses. Ebbene, dove sono?!”.
È interessante la parte politica del discorso di Khodorkovskij che invita e auspica – per il dopo Putin – una svolta a sinistra, statalista. La formazione nel Komsomol non sembra essere stata vana…
Chiudo sulle note del volume, che dovrebbero spiegare meglio le parti oscure. Non sempre riescono nell’intento. A volte sono imprecise (Budanov non ha mai chiesto e men che meno rifiutato la grazia). Altre invece prendono cantonate. Come confondere Platon Lebedev, socio di Khodorkovskij col generale Lebed’, ex XIV armata attiva in Moldavia durante la guerra civile, mediatore coi ceceni, lanciatosi in politica contro Eltsin (poi con) e morto in modo misterioso in un incidente aereo dieci anni fa.
Succede anche questo, nella Russia di Putin.
Ad maiora

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Mikhail Khodorkovskij
La mia lotta per la libertà
Marsilio
Venezia, 2012
Euro: 19
Pagg. 239

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OGGI ALLE 18 PRESENTEREMO QUESTO LIBRO AL CIRCOLO DEI LETTORI DI VIA WASHINGTON 56 A MILANO.
VI ASPETTIAMO

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