Parlando con mio fratello Filippo – @nomfup per gli amici – dicevo che, venendo oggi a Torino, avrei dovuto fare uno sforzo per conciliare (con qualche logica) i miei interessi. Di ieri e di oggi.
Dare un senso a questa vita, per citare un cantante cui sono particolarmente affezionato.
Vengo alla riunione annuale del Centro studi Piero Gobetti da quando ho 16 anni. Un tempo, entrando nelle stanze che furono di Pietro, ero schiacciato dall’emozione. Per la sacralità del luogo. E per i personaggi che si incontravano (ricordo come un tuffo al cuore Norberto Bobbio e con stupore l’intervento di Galante Garrone alla presentazione del “mio” – e di Paolo Costa – libro gobettiano).
L’emozione quando varco l’ingresso di via Fabro 6 è rimasta quella di un tempo. Anche se il tempo ha portato via tanti punti di riferimento del giovane liberale che ero.
Da vecchio liberale ora mi emoziono, nello stesso modo, ogni volta che a Mosca entro nella stanza di Anna Politkovskaja, alla Novaja Gazeta.
Nella mia “lunga esistenza” ho avuto la fortuna di assistere di persona a una “rivoluzione liberale”, a Kiev.
E tra dicembre e la scorsa settimana, ho percepito quel vento di rivoluzione nella – inaspettata – primavera moscovita.
A Piero sarebbe piaciuto quel vento. E sono certo anche ad Anna.
Entrambi avrebbero spronato duramente il movimento.
Sempre esigenti. Sempre insoddisfatti. Sempre protesi in avanti. Sempre liberali.
Caduti, ma sempre vivi.
Capaci di indicare un cammino a noi, piccoli uomini e piccole donne.
Ad maiora.
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