Che poi l’oppositore era uno solo. E non vuole nemmeno farsi chiamare così.
L’opposizione non è opposizione. È un movimento civile, spiega infatti Boris Dolgin che cura il sito polit.ru.
Gli chiedo cosa succederà dopo la vittoria domenicale di Putin e lui mi risponde che la vittoria non è del tutto scontata: 90 su 100. Ma è ottimista.
Quel che cambia spiega, poi (ma sto brutalmente sintetizzando) è che Putin non ha più quel gruppo sociale granitico che in questi anni l’ha sostenuto.
Parti di quelle elites dice Boris, sono passate all’opposizione (ma non si chiama così). Parte è rimasta con Putin, ma dialoga con la piazza.
Una piazza che, mi spiega Pietro Marcenaro, senatore Pd, qui a fare l’osservatore elettorale, esprime richieste basilari (pre-politiche): dignità e rispetto. Difficili da confutare. Da contrastare.
Il giocattolo putiniano si è rotto quando, dopo 12 anni di guida del paese, Putin e Medvedev hanno annunciato che si sarebbero scambiati gli incarichi.
La gente (soprattutto quella più giovane) si è sentita defraudata del diritto di scelta.
E così ora, ovunque, compaiono (almeno qui a Mosca) simboli di insofferenza verso Putin.
Che, per spiegarla calcisticamente, domenica rischia di vincere senza convincere.
Annaviva sarà qui per capire quel che accade.
Ad maiora.
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