Bisogna andarci a Srebrenica per capire cosa sia la follia della guerra. Andarci l’11 luglio, quando sotto un sole che non lascia tregua, migliaia di musulmani si ritrovano per seppellire i loro mariti, fratelli, cugini, amici.
Gli 8mila trucidati dalle truppe guidate dal generale Mladic (oggi arrestato in Serbia) furono gettati in fosse comuni. Poi, temendo satelliti e indagini internazionali, i corpi furono disseppelliti e messi in altre tombe provvisorie. I poveri resti (dei maschi -dai 14 anni in su -radunatosi in quella zona che l’impresentabile Onu con l’aiuto dei coraggiosi soldati olandesi aveva promesso di difendere) furono sparpagliati anche in 5 differenti fosse. E così a Tuzla, pazientemente, decine di anatomi patologi ogni anno mettono assieme gli scheletri: grazie al Dna, tibie, scapole e crani vengono assemblati. Quando il corpo è “ricostruito” lo si restituisce alla famiglia. Alle famiglie. Che l’11 luglio in una cerimonia lunghissima dove, dopo la preghiera del muftì, vengono letti tutti i nomi delle vittime, vengono seppelliti tutti assieme.
Srebrenica non è Zenica, né Tuzla o Banja Luka. È solo un villaggio vicino al confine serbo ma non ha valore strategico. È difficile da trovare e da raggiungere. E alla fine si riduce in quattro case. Intorno alle quali, la morte si aggira dal 1995.
Non so con che spirito affronteranno la cerimonia funebre quest’anno. A Sarajevo aspettavano da tempo e questa notizia e gli amici laggiù si rallegrano dell’arresto. Anche se la Bosnia rimane uno Stato diviso, assolutamente non unitario. La speranza per tutti questi stati balcanici è l’ingresso nell’Unione Europea, con conseguente superamento delle frontiere “nazionali”.
La cattura di Mladic, dopo quella di Karadzic, dovrebbe accelerare anche l’ingresso di Belgrado nel club di Bruxelles.
Ad maiora.
Mladic in cella, Balcani più vicini all'ingresso nell'Unione Europea
Riflessioni a margine del generale accusato di genocidio nella guerra in Bosnia.
