Più che gli occhi azzurri e i capelli biondo platico, di Anete, la fidanzata del disoccupato ucraino che ieri ha massacrato di botte una filippina, l’attenzione cade sui i piedi che non riescono a stare fermi. Ha le occhiaie di una che ha più pianto che dormito e gli occhi che vagano nella stanza, come a cercare risposte. La cosa che durante l’intervista dice più spesso è “non ci posso credere”. E per rendersi conto che quello che fino a ieri mattina era il suo fidanzato e poi si è trasformato in un killer capace di ammazzare a mani nude (grazie alla sua passione per la box) è dovuta andare in viale Abruzzi, sul luogo dell’assurdo omicidio.

Lei nega che si fossero lasciati e di essere la causa del raptus che ha insanguinato un tranquillo venerdì agostano milanese. E’ come se si sentisse in colpa per non aver previsto quel che stava per accadere. Ripete che anche nell’ultima telefonata lui era (sembrava) tranquillo. Che si sarebbero dovuti incontrare dopo la di lui corsetta mattutina. Ma Oleg non è andato a correre. E’ uscito da casa della madre e ha ucciso una donna. A caso? O avrà scelto proprio una filippina? Anna nega che lui fosse un razzista, “siamo stranieri anche noi”, dice. Ma tra Ucraina e Lettonia (come in tanti paesi ex sovietici) non mancano quanti credono che la razza caucasica sia superiore alle altre.

Domani, con l’interrogatorio di garanzia, forse si capirà un po’ di più sul perché l’ucraino venticinquenne  (disoccupato, mantenuto dai soldi della madre) abbia assassinato una donna che aveva appena lasciato i suoi figli per andare a lavorare.

Un raptus? Sarà ritenuto anch’egli incapace di intendere e di volere come Tartaglia? Staremo a vedere. Niente riporterà comunque in vita Emlou, né restituirà serenità ad Anete. Che forse è sfuggita al destino.