Il Tupolev 154 con cui misteriosamente si continua a viaggiare (e morire: gli ultimi casi in Ucraina nel 2006 e a Teheran lo scorso anno) si è portato via larga parte della dirigenza polacca. Con essa il presidente Lech Kaczynski, una delle figure più controverse della nuova Polonia.

L’ex sindaco di Varsavia era stato eletto nel 2005 anche grazie a una larghissima astensione dei polacchi delusi dalla democrazia. Lui e il gemello Jaroslaw avevano conquistato le due principali cariche del paese, creando l’unico caso al mondo di democrazia monozigote.

Filo americani fino alla nausea (entusiasti della guerra in Iraq come lo scudo antimissile ora finito in soffitta) avevano creato il partito catto-giustizialista PIS (Diritto e giustizia), che, prima dell’odierna tragedia aerea era in calo presso l’elettorato polacco. È un movimento nazionalista e anti-europeista.

Membri di Solidarnosc avevano preso una deriva che li aveva allontanati da Walesa; i fratelli Kaczynski avevano goduto del sostegno di Radio Marja, più volta accusata di antisemitismo. Lech Kaczynki aveva manifestato opinioni omofobe e si era detto non contrario alla pena di morte.

Insieme al gemello (dal quale si distingueva solo per un neo sulla guancia sinistra) aveva lanciato una campagna di denuncia verso chiunque avesse in qualche modo collaborato col regime comunista. Una sorta di maccartismo in salsa polacca.

Ora le elezioni anticipate. Alle quali magari potrà partecipare l’altro gemello, candidandosi.

La speranza è che, passato il comprensibile dolore, la Polonia riesca a farsi rappresentare dai suoi politici migliori.

La comunità polacca in Italia in queste ore sta mettendo candele alle finestre, in segno di lutto, invitando tutti ad aderire a questa forma di ricordo e di condivisione della tragedia che ha colpito la comunità nazionale (proprio mentre ricordava un’altra strage, quella sovietica di Katyn).

Accenderò il mio lume appena tornerò a casa, finito il lavoro qui in redazione.

Ad maiora.