Aborto. Sembra il tema preferito dai politici di qua e di là dall’Atlantico, ma anche di qua e di là dal Tevere. Barack Obama è riuscito a sbloccare la sua storica riforma sanitaria solo dopo aver giurato a una serie di deputati democratici recalcitranti che avrebbe riaffermato il divieto a utilizzare fondi federali per l’interruzione della gravidanza.
Ieri il cardinal Bagnasco, a capo della conferenza dei vescovi, ha emesso il suo proclama elettorale invitando i fedeli a votare tenendo conto dell’aborto definito “ecatombe progressiva”. In pillole (per usare una metafora assennata) l’invito è a non votare la Bresso in Piemonte e soprattutto la Bonino nel Lazio, dove sarebbe a rischio il sistema sanitario cattolico.
È curioso come a tanti uomini interessi in modo così morboso il tema dell’aborto, come se per le donne che lo scelgono questa fosse una passeggiata, un passatempo, un anticoncezionale. E non spesso un dramma personale.
Ma ormai è tutto mischiato. Il privato è diventato pubblico, come sognavano i rivoluzionari dei tempi che furono (ma con altri intenti, spero). E la campagna elettorale per le Regionali viene fatta sulla lotta all’aborto ma anche a quella sul cancro.
Misteri di una politica sempre più in mano agli sciamani.
Ad maiora