Niente paura: è gente che resta. È il geniale sottotitolo di una mostra fotografica visibile fino a domenica 23 marzo nei meravigliosi spazi della Fondazione Arnaldo Pomodoro (via Solari 35, Milano). “Hospites” questo il titolo della mostra presentata ieri da Don Gino Rigoldi, animatore di Comunità Nuova, Onlus grazie alla quale si possono vedere, anche in queste fotografie, tanti migranti sorridenti.

Don Gino è cappellano del carcere minorile Beccaria e voce di quella città che è fuori dalle istituzioni ma che rappresenta davvero la Milano con il cuore in mano di antica memoria. Nel suo intervento ha citato il compianto Candido Cannavò parlando di “notizie buone” che non hanno spazio, che non finiscono sui giornali e men meno sulla televisione (io ero di passaggio…).

Anche Paolo Branca, docente di lingua e letteratura araba alla Cattolica di Milano, ha parlato al cuore dei tanti milanesi presenti (sia Rigoldi che Branca sono peraltro nati nella – ora troppo vituperata – via Padova), spiegando come la paura dello straniero sia un sentimento comprensibile, ma è un sentimento che si deve dominare. Che non ci dovrebbe governare. Una paura verso il diverso e verso il futuro che, spiega Branca, ci spinge anche a non fare figli, a differenza di periodi ben più grami per la storia milanese.

La serata si è conclusa con un meraviglioso concerto di Ghazi Makhoul e del suo liuto arabo a ricordare quanto possa unire la cultura e a testi moire che molte sono le persone integrate, in Italia per restare, a Milano per diventare milanesi.

Le 38 foto in bianco e nero di Alessandra D’Urso raccontano un’umanità che lavora, che ama, che parla, che ride. Che vive. La D’Urso è peraltro uno dei classici cervelli in fuga, essendo una fotografa milanese che vive da anni tra New York e Parigi. Trentunenne, ha un elenco di reportage in giro per il mondo che fa spavento (e invidia).

C’è insomma chi parte e chi resta. Per noi che rimaniamo, una mostra e una serata che sono un segno di speranza. 38 scatti in bianco e nero.

Ad maiora